Liu Bolin… l’uomo invisibile


di Marina NovelliBonin marina


Si è conclusa a Roma, al Complesso del Vittoriano, Ala Brasini, la mostra di Liu Bolin che ha ripercorso la sua carriera artistica, sempre sorprendentemente cosparsa dai suoi celebri “camouflage”. Nel 2005, l’amministrazione di Pechino ordina di abbattere il quartiere in cui risiedono molti artisti… il quartiere Swojia Village; artisti che esprimevano un comportamento non in linea con gli stilemi governativi. Liu Bolin, con l’entusiasmo e l’energia tipici di chi è all’inizio della sua attività artistica, si fa fotografare mimetizzandosi con le macerie del suo studio… foto che divulgherà successivamente, e che segneranno l’incipit della sua carriera successiva, contrassegnata da un crescente successo. Liu Bolin nasce nel 1973 nella provincia settentrionale dello Shandong, per fornarsi poi nella prestigiosa Accademia Centrale d’Arte Applicata ed appartenente alla generazione che divenne più matura nei primi anni Novanta, quando la Cina risorse dalle ceneri della Rivoluzione Culturale, ed era agli esordi di una rapida crescita economica ed una stabilità politica. Egli esercita la sua attitudine artistica come scultore, fotografo nonché performer e gli venne dato l’appellativo di “the invisible man” data la sua tendenza a mimetizzarsi nell’ambiente circostante. Nella mostra al Vittoriano, curata da Raffaele Gavarro, sono state esposte ben oltre 70 opere… davvero una grande mostra antologica! Opere, talvolta, di dimensioni imponenti attraverso le quali Bolin ha espresso il suo obiettivo principale che è sempre stato quello di comunicare immagini, spesso contraddistinte da colori molto vividi e sgarcianti, dei suoi messaggi sociali BONIN 1spesso dissacranti… se non estremamente ironici! Un modo questo, attraverso il quale, critica gli aspetti politici, denunciando fermamente la censura. Conscio della sua grande creatività non fa economia di mezzi, egli infatti si esprime brillantemente, come abbiamo già detto, attraverso la pittura, l’installazione nonché la fotografia sempre con grande padronanza dei mezzi. Osservando le sue opere in mostra, ci si è trovati difronte a importanti e famosi monumenti, opere d’arte, enormi scaffali da supermercato stracolmi di generi alimentari nonché bevande di ogni tipo, imponenti librerie, interni di teatri visti dal palcoscenico dove le poltrone vuote giocano un ruolo da protagoniste, oppure immagini che ritraevano orde di immigrati dall’aspetto “sfidato e dimesso”, e non ultimo… immense montagne di rifiuti!!!... ma sempre, e soltanto con la sua immagine posta al centro… quasi “mimetizzata”!!! In virtù di queste originali trovate, la sua fama cresce sempre più! Le sue immagini - … a volte stucchevoli! - diventano anche una sorta di icona per i grandi brand. Lo troviamo quindi come icona di Monclear, che lo utilizzerà per diverse stagioni, Tod’s, Ferrari e numerosi altri. Un camouflage di grande effetto visivo e cromatico… sempre smaglianti sono infatti i suoi colori…ma a volte anche “tetri e uggiosi”da cui trasuda un senso di angoscia, e che hanno visto sempre il suo corpo e la sua figura fondersi sapientemente con l’ambiente circostante. Queste opere sono state in grado di far trasparire non solo una forma di “autoprotezione”, come si è visto nel “mimetismo” animale, ma quasi un grido… un urlo che dichiara la perdita di identità dell’uomo contemporaneo, affrontando con determinazione il tema della “libertà dell’arte”. Di grande interesse il commento del curatore della mostra Raffaele Gavarro… “Essere tra le cose”, egli dichiara: “...quante volte ci è capitato di pensare che un oggetto, un luogo, una casa o una moto avessero un’anima? Che le cose fossero cioè dotate di una vita legata alla nostra o a quella di chi le aveva possedute? Senza saperlo, ma forse anche sì, questa attribuzione di vita e di anima delle cose è riconducibile al pensiero platonico e soprattutto a quel filosofo domenicano condannato al rogo come eretico in Campo de’Fiori a Roma, quel Giordano Bruno da Nola (1548-1600) che è ancora oggi tra le figure storiche più amate dai romani probabilmente, oltre che per l’ingiusta e crudele morte patita, anche per l’adesione istintiva ad un pensiero profondamente panteista che considera l’uni- verso infinito e senza un centro e nel quale l’uomo è dotato di una conseguente infinita libertà. E come è noto quest’ultima è considerata dai romani un sommo bene, un precetto di vita BONIN 6da seguire, nel bene e nel male. Liu Bolin, dalla Cina sempre più vicina, sembra aderire perfettamente al pensiero del nostro Bruno: “sia l’universo sia le singole cose possiedono tutto l’essere”; assimilando esso stesso, il proprio essere, nell’essere delle cose che lo circondano”.… “La conoscenza della cosa nella quale Liu Bolin si immerge, egli prosegue - rendendosi invisibile in essa, è dunque alla fine una conoscenza di sé. Come per molti artisti cinesi è però l’approdo in Occidente a confermare la sua forza uni- versale del linguaggio e dei contenuti della ricerca del nostro Liu Bolin. Il suo Grand Tour il Italia assume infatti il tono di una legittimazione attraverso una delle tradizioni artistiche più significative della storia occidentale”. Possiamo affermare che la storia artistica di Liu Bolin sia lo specchio delle modalità di affermazione dell’arte cinese nel mondo… e non solo, ricalca infatti in grandi linee, l’aspetto di questi nostri anni estremamente complessi…nel senso più l a t o del termine. “Gli esseri umani sono animali?” – si domanda il nostro artista - “Il camaleonte ha la straordinaria prerogativa di cambiare colore per uniformarsi al colore dello sfondo come forma di auto-protezione” scrive Liu Bolin su “Quando mimetizzarsi è una strategia” (Pechino 2008) - “Il serpente a sonagli può seppellire la maggior parte del proprio corpo nella sabbia. Non solo per proteggere sé stesso, ma anche per procurarsi il cibo… Gli esseri umani non sono animali perché non sanno proteggere sé stessi - egli afferma -. Due cose sono emerse chiaramente durante gli ultimi tremila anni di storia umana: primo, la specie umana progredisce distruggendo l’ambiente circostante; secondo, lo sviluppo degli esseri umani è costellato di orribili sfruttamenti. Il prezzo di questa brillante civilizzazione umana è che l’uomo di- mentica quasi di essere un animale, dimentica di avere degli istinti. Gli esseri umani sembrano aver scordato di dover ancora pensare a come sopravvivere. Mentre l’umanità si gode i frutti del proprio progresso, BONIN 4scava la tomba con la sua ingordigia. Nella società umana non è sufficiente mimetizzarsi per sopravvivere. Il concetto di umanità stessa è messo a repentaglio. Invece di affermare che la specie umana gioca un ruolo dominante, sarebbe meglio dire che gli uomini si stanno lentamente rovinando con le proprie mani. Lo sviluppo economico ha complicato il significato della parola u m a n i t à. Con la morte sparisce il corpo ma i cambiamenti economici stanno indebolendo lo spirito degli esseri umani”. Possiamo sintetizzare affermando che la conoscenza delle cose nelle quali Liu Bolin si immerge, rendendosi altresì invisibile in esse, non è altri che una “conoscenza di sé”. L’approdo in Occidente ha confermato la forza universale del suo linguaggio e dei suoi contenuti, ed il suo Gran Tour in Italia ha assunto il tono di una leggittimazione attraverso una delle tradizioni artistiche e culturali della storia occidentale. Liu Bolin è conosciuto soprattutto per la sua serie di fotografie di performance “Hiding in the City”. “Prima di optare per una location - egli afferma inoltre - prendo in considerazione i temi sociali che quel luogo racchiude in sé, medito in sostanza sui messaggi che tramite esso potrei trasmettere per avere un impatto sulla società. Individuare lo spazio giusto è fondamentale per comunicare il mio messaggio”… e noi non possiamo far altro che condividere questa sua tendenza che ci ha fornito l’opportunità di scoprire il suo indiscusso talento in una mostra sorprendente ma anche un pò controversa… una sorta di stimolo e di mirata provocazione.