L’ultima cena

L'ultima cena è universalmente riconosciuta come la scena biblica più rappresentativa della vita di Gesù prima della Passione. Pensando a questo Sacro evento, il nostro pensiero si concentra sul capolavoro di Leonardo Da Vinci; ma ci sono stati altri artisti nel corso del tempo, dal Rinascimento ai nostri giorni, che hanno realizzato stupende opere d’arte riguardanti il saluto di Gesù ai suoi Discepoli. Non tutte le rappresentazioni risultano di chiara e semplice lettura, alcune sono colme di mistero e lasciano l’osservatore con interrogativi storico-religiosi, mentre altre ci mostrano personaggi e scene di vita ordinaria di non facile interpretazione. Questo convivio ha affascinato tanti artisti che per secoli si sono cimentati nella raffigurazione di 13 persone che cenano intorno ad una tavola; il tutto attraverso l’uso di tecniche diverse pervase da un fascino mistico e da una sete di ricerca. L’ultima cena di Leonardo è la più famosa opera rappresentativa del commiato di Gesù dagli Apostoli.   
Cena 2 
Leonardo percepisce la necessità di raggiungere una naturale e totale compenetrazione tra lo spazio dipinto e quello reale che costituisce, non a caso, una delle prerogative salienti delle imprese milanesi dell’artista nel campo della pittura murale. Nell’Ultima Cena la concezione del dipinto è concepita dall’ambientazione della scena entro una vasta sala che si propone come una prosecuzione dello spazio del refettorio. Sul diaframma che separa lo spazio reale da quello dipinto si collocano i protagonisti dell’Ultima Cena, che sembrano “abitare” l’ambiente dipinto mentre sono investiti da una forte luce proveniente da sinistra. Altra intensità luminosa è data dalla tovaglia bianca, imbevuta dalla luce che sopraggiunge dalla finestra del refettorio, che permette a chi osserva di apprezzare il senso chiaroscurale di ogni figura. In primo piano spicca la figura di Cristo, leggermente staccata dalle altre. Con il capo leggermente reclinato e gli occhi socchiusi, Cristo sembra aver appena pronunciato la frase più importante. In epoca contemporanea, lo scrittore Dan Brown autore del romanzo giallo “Il Codice Da Vinci”, fornisce un significato esoterico al dipinto. Secondo questa teoria, il discepolo alla destra di Gesù sarebbe in realtà una donna e precisamente Maria Maddalena; un’ipotesi storicamente priva di alcun fondamento. Leonardo, con il suo genio, crea una scena in movimento intorno alla figura immobile di Gesù. Gli apostoli sono sistemati a gruppi di tre e in ognuno di essi si scorge una diversa reazione alle parole di Cristo. Importante risulta lo svolgimento temporale dell’azione tanto che ogni Apostolo sembra stia parlando al suo vicino. Nell’ultima cena di Salvador Dalì traspare evidentissimo il concetto che nella mente dell’artista vi fosse impresso l’affresco di Leonardo; tuttavia l’autore affronta l’opera in un modo del tutto particolare ed originale. Il suo dipinto appare sospeso tra il Sacro e il profano e rompe le regole tradizionali dell’iconografia classica utilizzando simboli di non facile interpretazione. Il punto di riferimento resta sempre il dipinto di Leonardo Da Vinci, ma Dalì cambia le sembianze di Gesù attribuendogli i lineamenti della propria moglie Gala. Quando l’opera fu esposta per la prima volta, venne censurata e giudicata scandalosa e blasfema dal mondo cattolico.
Cena 4
La figura di Cristo è attraversata da una luce limpida che proviene dallo stupendo paesaggio posto alle sue spalle: la baia di Port Ligat, ove il pittore trascorreva gran parte dell’anno. Gesù, pur restando seduto sembra immerso nell’acqua, indica ai discepoli che esiste un Dio nell’alto dei cieli, quasi presagendo il prossimo distacco da loro. I dodici Apostoli sono collocati in modo simmetrico intorno al maestro, ma i loro volti non sono visibili e sono ritratti nell’atto della preghiera, conseguentemente risulta impossibile identificare il volto di Giuda. La tavola risulta spoglia, poco imbandita, vi compare un pezzo di pane e un bicchiere di vino. Tutti i discepoli indossano vesti candide. La figura che compare alle spalle di Cristo ha un volto invisibile e simboleggia Dio. Originale l’ambientazione dell’ultima cena di Dalì all’interno di un “dodecaedro”, un riferimento inscindibile per l’autore riguardo il numero 12, il numero degli Apostoli; un richiamo ed un collegamento all’aritmetica cosmologica. Del tutto diversa e per alcuni versi non facilmente leggibile l’ultima cena di Tintoretto, ambientata all’interno di una taverna veneziana negli anni in cui l’artista viveva in Laguna. Compare sulla tavola una torta con delle candeline che ancora oggi sono oggetto di disputa per stabilirne il significato; (la stessa scena è presente nell’ultima cena di Pomponio Amalteo del 1574, opera conservata al castello di Udine). La stupenda opera di Tintoretto mostra diverse interpretazione di luminosità: la prima luce proviene dalla lampada a soffitto che permette di illuminare tutti i personaggi. Compare poi anche una luminosità religiosa rappresentata dall’aureola posta sulle teste degli Apostoli e sul capo di Gesù. Infine compare la luminosità spirituale attraverso figure fatte solo di luce, ideate per conferire alta spiritualità alla scena. Il quadro, perfetto in ogni dettaglio appare come una rappresentazione reale di teatro. Una radicale rivoluzione avviene con Paolo Veronese nell’opera: “Cena a casa di Levi”, un dipinto mai accettato dall’inquisizione, ma giammai modificato da Veronese.
Cena 1
Gesù siede al centro della grande tavola circondato da una moltitudine di uomini, donne, giullari e militari del tutto estranei alla vita degli apostoli. Tutti sembrano disinteressarsi dalla presenza di Gesù a tavola, molti discutono tra loro animatamente e l’ambientazione risulta ricca e si stacca nettamente dalla sobrietà dei precedenti dipinti.
di Francesco Buttarelli