Il Ritorno del “Ritorno all’ordine”

di Giorgio Barassi
Al suo affacciarsi sulla scena della pittura nazionale, il Novecento inteso come corrente artistica propugnava un ritorno all’ordine, una ventata di rinnovamento che non ricusava aprioristicamente le evoluzioni, ma che attingeva alla pittura nel senso più classico del temine. L’esigenza, vista con gli occhi di quelli che furono i protagonisti di Novecento, era tale perché il Futurismo aveva destabilizzato, aveva scosso fino a provocare le storiche risse a Firenze o a Milano, in cui i Carrà 1rivoluzionari futuristi e i classicisti incalliti se le davano di santa ragione. Limitare il tiro alle vicende di inizio secolo sarebbe oltremodo offensivo, per i cento anni che hanno contenuto di tutto: due guerre, rivoluzioni sociali, movimenti studenteschi determinanti e poi avanguardie, non-gradevole, arte Pop e una serie di ismi pressoché in catalogabili per sovrabbondanza.
Piuttosto va letta la grande capacità degli artisti che avevano cercato di tracciare un solco di confine dal secolo precedente, che con la crisi del Romanticismo aveva dato il via al Realismo. A Napoli i realisti avevano sfornato, sul finire dell’ ottocento, capolavori di vita sociale, vedute non solo stucchevoli e ripetitive ma illuminanti, per tecnica e stile. Ribadire con la sola avanguardia sarebbe stato poco e troppo logico. Sarebbe stato un semplice opporsi. E allora quei movimenti, tra cui Novecento fu di certo il più fortunato, alimentarono le idee ed i sogni di quei giovani che nella seconda fase della loro carriera hanno lasciato davvero segni e colori determinanti per conoscere la storia stessa dell’ Italia, non solo artistica.
Il mercato dell’ arte, o quello che di esso sopravanza le altre proposte, ha sottaciuto per un po’ le genialità ( e le quotazioni ) di molti artisti che sono stati gli interpreti di quel cambiamento di pagina epocale, non meno importanti di quanti si adoperarono, nella seconda fase del XX secolo, per aggiornare il passo alle pulsioni sociali sempre più febbrili e insistenti. Perciò una contrazione sui prezzi dei nomi di coloro che furono allievi di grandi Maestri e poi essi stessi grandi caposcuola o illuminati pittori, ha avuto il suo corso e sta completando la sua naturale estensione. Interessano nomi e tele di coloro che hanno raggiunto la maturità alla metà del secolo, di quelli che erano a Parigi subito dopo Modigliani e Picasso. Il mercato e non solo le grandi esposizioni si interessano della pittura degli anni che comprendono il cuore del secondo quarto di secolo e gli anni seguenti, quelli in cui un pensiero di rinnovato ritorno all’ordine non era più solo una esigenza in senso restrittivo. Ecco dunque un meritato riposizionamento delle operazioni artistiche dei De Chirico, Guidi, Carrà, Sassu. Insomma quei protagonisti a cui era logico e perfino facile pensare con la riconoscenza dell’estimatore e i giusti plausi del mercato. Infatti una rinascita delle richieste di quelle opere, e con esse di quelle dei Crippa (che è cronologicamente posizionabile dopo i nomi prima citati, ma ugualmente determinante) e dei Carena, dei Morlotti (vedi Crippa) e dei Rosai. Facciamo una rapido calcolo. La gran parte di questi nomi aveva vent’anni alla nascita di Novecento, altri nacquero proprio in quelle epoche. Quanto costerebbero, in maniera costante ed inattaccabile, questi giganti se avessero avuto allora i mezzi di comunicazione di oggi a loro disposizione? Come sarebbe stata diffusa la loro poetica e il loro stile se avessero avuto i supporti mediatici che oggi si concedono, anche frettolosamen-te, ad artisti che hanno la notorietà di un qualunque prodotto da promuovere? A sfavore Sassu 1dei grandi ha giocato il ricorrente “… ma tanto si sa, chi li vuole li cerca …” che ha finito per oscurane i reali valori che si affacciano nella loro interezza anche nelle richieste dei collezionisti più esigenti. Questo trend a cui plaudiamo è il miglior riconoscimento ad una capacità artistica indiscutibile, che è semplicemente doveroso riconoscimento. In fondo, quella parte di secolo che ha poi finito per armare le rivoluzioni culturali ed artistiche contro sé stesso, non avrebbe subito discutibili occultamenti se non avesse fatto così tanto chiasso con la sua linearità produttiva, distesa fra le forme metafisiche di De Chirico e i ghirigori di Crippa, fra le modelle di Morlotti e le asciutte nature morte di Carena. Proprio in quelle opere, e in ogni storia che le contiene, c’è il racconto di una Italia che usciva la seconda volta da una guerra, con gli stessi propositi di riscatto degli anni del primo dopoguerra. Qualcuno ha scritto che l’informale ha le sue radici nelle sciagure umane, e i pennelli di artisti dediti a quella pittura erano intrisi nel fango delle trincee. Giusto. Nondimeno la speranza di pace, l’affermarsi di una sorta di liberismo pittorico, la continuità nelle operazioni artistiche caratterizza un bel numero di pittori che hanno vissuto momenti gloriosi di affermazione e una ingiusta detenzione, neppure domiciliare, nelle seconde file del mercato.
Ora si affaccia l’esigenza di lasciare alle lattiginose vedute di Venezia di Virgilio Guidi (che pure, a diciotto anni, di Novecento aveva fatto parte) ed al rosseggiare dei cavalli di Aligi Sassu lo spazio giusto nelle case di chi colleziona bellezza, più che quadri. Viene in mente un filmato che girava in rete qualche tempo fa. Alcuni ragazzi giocano chiassosi in una via di quartiere mentre passa un anziano signore intento a camminare con difficoltà. Nessuno di quei ragazzi lo guarda, anzi. Ma un giorno dalla borsa della spesa del vecchio signore cade un ritaglio di giornale, con la sua foto paragonata ad un’altra in cui appare giovane, eroico ufficiale decorato. I ragazzi leggono ed attendono il ritorno a casa di quel signore. Uno di loro, ritto sugli attenti lo saluta militarmente. Il sorriso e la commozione ritornano su quel volto solcato dal tempo come una vecchia tela, e quello che fu un valoroso soldato, risponde grato al saluto delle nuove leve. Sta accadendo questo. E il gruppo di pittori quasi silenziati finora, come un drappello di ufficiali tenuti in disarmo, oggi fa risplendere le proprie sciabole sotto il sole di un rinnovato apprezzamento. Era ora!