Il Prado di Madrid

a cura di Silvana Gatti.
In questo periodo di clausura forzata dovuta alla pandemia di coronavirus, viene in aiuto la moderna tecnologia per condurci virtualmente in un viaggio attraverso le località che più ci piacciono, sia per rivisitare luoghi già visti che per programmare viaggi futuri.
Per gli amanti dell’arte e della storia è senz’altro consigliabile un viaggio in terra spagnola e, passando da Madrid, una visita al Museo del Prado, che aprì i battenti il 19 novembre 1819, è imperdibile. Mecenate fu il re Ferdinando VII, che raccolse nel museo le opere d’arte della Collezione Reale che riflettono i gusti della monarchia spagnola. Nonostante il museo sia nato agli albori dell’Ottocento, la sua storia è segnata dal mecenatismo dei Re Cattolici che fin dal Quattrocento segnarono le caratteristiche della Collezione Reale. Carlo V collezionò le opere di artisti fiamminghi quali Roger van der Weyden, Jan van Eyck e Antonio Moro, accogliendo a corte anche Tiziano in qualità di ritrattista. L’arte fiamminga fu collezionata anche da Filippo II, unitamente a numerose opere di Bosch, del quale il Prado vanta la più importante collezione mondiale. Tra il 1621 e il 1625, durante il regno di Filippo IV, era in voga la pittura di Velàsquez e Rubens, ma all’asta Filippo IV acquistò anche opere di Mantegna, Tintoretto, Raffaello e Veronese.
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Via via nel tempo la collezione si arricchiva, anche la seconda moglie di Filippo V, Elisabetta Farnese, aggiunse opere di artisti italiani classicisti come Domenichino, Guercino, Guido Reni e Cerano e Murillo. Nel 1724, Filippo V e moglie acquisirono le sculture della collezione della regina Cristina di Svezia. Grazie ai Borbone, Corrado Giaquinto e Giovanni Battista Tiepolo, maestri del tardo barocco, lavorarono alla decorazione dei palazzi reali. In seguito Carlo V, tra il 1788 e il 1808, prese sotto la sua protezione Goya e Paret, arricchendo le collezioni reali con opere classiciste di Barocci, Andrea del Sarto e Raffaello, e artisti spagnoli quali Ribera, Ribalta e Juan de Juanes. Nel 1981 il Casòn del Buen Retiro fu annesso al Prado per risolvere i problemi di spazio, accogliendo la sezione ottocentesca del Museo. Nello stesso anno nel Casòn fu esposto Guernica di Picasso, proveniente dal MOMA. Tale opera, con altre di Picasso, undici anni dopo fu trasferita al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia. Visitando il sito internet del museo, accessibile da Google, è facile districarsi tra i nomi degli artisti presenti scegliendo l’uno o l’altro. Quel che colpisce è l’abbondanza di opere di artisti italiani.
è del 1426 L’Annunciazione di Fra Angelico, bellissima tempera su pannello di 162,3 x 191,5 cm. dipinta per il convento di Santo Domingo a Fiésole. La tavola centrale raffigura Adamo ed Eva espulsi dal Paradiso e la salvezza dell’uomo grazie all’Annunciazione di Maria, mentre i cinque pannelli della predella illustrano episodi della vita della Vergine. In quest’opera si notano le influenze di Gentile da Fabriano nella rappresentazione di fiori e oggetti, e di Masolino e Masaccio nella spazialità. Inoltre, la struttura che ospita l'Annunciazione fu una delle prime a seguire la raccomandazione data nel 1425 da Brunelleschi per le pale d’altare di San Lorenzo, che dovevano essere quadrate e prive di decorazioni.
Artista italiano ben rappresentato al Prado è Raffaello, con diverse Madonne. La sacra famiglia dell’agnello è un dipinto ad olio su pannello di piccole dimensioni, realizzato nel 1507 , durante il periodo fiorentino. L’opera rivela l’influenza del maestro Perugino nel gusto per i dettagli e nella simmetria della composizione, e di Leonardo da Vinci nel delicato sfumato che circonda i personaggi. La scena raffigura un bambino intento a giocare con un agnello in mezzo a un paesaggio bucolico, che allude tuttavia al sacrificio redentore di Cristo nella figura dell'agnello, un simbolo presente anche in Sant’Anna, la Vergine e il Bambino di Leonardo. Sul paesaggio di sfondo, nella sinistra sono presenti piccole figure di una donna con un bambino in braccio sulla schiena di un animale e un uomo che tiene le redini. È un’ovvia allusione all'episodio evangelico della fuga in Egitto, reso con le particolari forme architettoniche esotiche sullo sfondo. Raffaello qui ha ben raffigurato gli stati d’animo dei vari personaggi: il vecchio San Giuseppe si appoggia pesantemente sul suo bastone; la Vergine, inginocchiata; il Bambino porta un filo di corallo al collo, quale amuleto protettivo, ed è seduto nudo a cavalcioni dell'agnello, mentre guarda la madre con il profilo opposto al di San Giuseppe. Le figure sono inscritte magistralmente in una diagonale ascendente da sinistra a destra; schema che sarà una costante nel lavoro di Raffaello. Altro artista italiano presente al Prado è il veneziano Giambattista Tiepolo, famoso in tutta Europa per essere un artista eccelso, chiamato a Madrid nel 1761 per decorare la sala del trono del Nuovo Palazzo. Tiepolo voleva rinunciare all’incarico per via della sua età avanzata, ma la pressione di Carlos III e dei suoi ministri sulle autorità veneziane ebbe la meglio. Con l'aiuto efficace di Domenico e Lorenzo, Tiepolo decorò alcune sale del suddetto palazzo tra l'estate del 1762 e l'inverno del 1766; in seguito, desiderando rimanere alla corte di Spagna, accettò altre commissioni reali.
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Alla sua morte alla fine di marzo del 1770, stava progettando affreschi per la cupola della collegiata di San Ildefonso a La Gran- ja, un progetto in cui gli successe Francisco Bayeu. Tra le opere spicca l’Immacolata Concezione, un dipinto di grandi dimensioni ricco di simbologie legati alla Vergine sul cui capo troneggia una corona di dodici stelle, con in alto una colomba che raffigura lo Spirito Santo. La figura della santa è avvolta nel classico mantello celeste e troneggia sulla sfera terrestre ed una falce di luna, calpestando il drago, simbolo del diavolo con in bocca la mela simbolo del peccato originale. Tiepolo usa colori chiari, illuminando la scena con un'intensa luce dorata.
Al Prado sono ben 43 le opere di Tiziano, Vecellio di Gregorio, nato in un'importante famiglia nel Cadore. Intorno al 1500-1502 arrivò a Venezia, dove lavorava nella bottega di Gentile Bellini, passando poi in quella di suo fratello Giovanni. Intorno al 1507, decorò insieme a Giorgione le facciate del magazzino dei mercanti tedeschi a Venezia; quasi nessuno degli affreschi originali è conservato. Nel 1511 lavorò alla scuola di San Antonio de Padova dipingendo affreschi raffiguranti miracoli attribuiti al santo. Dopo la morte di Gio- vanni Bellini nel 1516, monopolizzò tutte le principali commissioni pubbliche. Il duca di Ferrara, Alfonso I d'Este, gli commissionò diverse opere per la sua residenza a Ferrara, tra cui Il baccanale degli Andriani e Offrendo a Venere (entrambi al Prado). Federico II Gonzaga, Marchese di Mantova, lo presentò all'imperatore Carlo V. Nel 1533 fu nominato Conte Palatino e Cavaliere dello Sperone d'oro da Carlo V, ma respinse gli inviti a stabilirsi nella corte ispanica. Inoltre, ha eseguito opere sacre come The Glory e The Burial of Christ (Prado), diverse versioni di Ecce Homo e La Dolorosa, e dipinti mitologici come Dánae e Venus e Adonis (Prado) per Felipe II e Furies per sua zia Maria d'Ungheria. Per il duca Guidobaldo II della Rovere ha dipinto Venere di Urbino (Firenze, Galleria degli Uffizi) e ha ritratto Alfonso de Ávalos, Marchese del Vasto (Prado). Fu sponsorizzato da pontefici come Paolo III e istituzioni religiose. Dopo una lunga esistenza, morì il 27 agosto 1576 mentre la peste devastò Venezia.
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Tra i dipinti visionabili on line, interessante è Autoritratto, di Tiziano, Circa 1562. Olio su tela, 86 x 65. Tiziano dipinse il suo primo autoritratto prima di partire per Roma nel 1545. Fu, tuttavia, dopo il soggiorno romano che mostrò interesse a propagare la sua immagine per stabilire la sua posizione in un contesto di rivalità con Michelangelo. Di tutti quelli che ha dipinto, ne restano solo due. In quello esposto al Prado Tiziano si ritrae da anziano, sulla settantina. Quel che sorprende in questo dipinto è la posizione, di profilo, inusuale a metà del XVI secolo. Tiziano lo usava solo per le persone decedute: Francisco I e Sisto IV ), quindi l'autoritratto del profilo era eccezionale, richiedendo diversi specchi per la sua realizzazione. La scelta risponde all'associazione con la fama di questa tipologia, derivante dalla numismatica romana. Tiziano evidenzia la sua nobiltà per mezzo dei suoi abiti neri e della catena d'oro che lo accredita come cavaliere dello sperone d'oro, la lunga barba gli conferisce autorevolezza, mentre il pennello sottolinea la sua abilità di pittore.
Artista importante nella collezione del Prado è senz’altro El Greco, pseudonimo di Domínikos Theotokópoulos, nato a Candia, nell’isola di Creta, nel 1541 e morto a Toledo, il 7 aprile 1614, artista greco, vissuto in Italia ed in Spagna, annoverato tra i personaggi più importanti del tardo Rinascimento spagnolo. Dopo l’apprendistato come iconografo, diventò maestro d'arte e si trasferì a Venezia, confrontandosi con le scuole di Tiziano, Bassano, Tintoretto e Veronese. Nel 1570 si recò anche a Roma, dove aprì una bottega e dipinse una serie di opere. La sua permanenza in Italia plasmò la sua pittura con l’influenza del manierismo e del Rinascimento veneziano. Le sue figure evocano lo stile del Tintoretto nelle linee sinuose e allungate, nel senso del movimento e nella drammaticità dell’illuminazione, e il tardo Tiziano nell'uso del colore. Nel 1577 si trasferì a Toledo, in Spagna, dove visse e lavorò fino al giorno della morte. prado 2












Un viaggio in Spagna, visitando il Prado di Madrid e la città di Toledo, permettono oggi di conoscere questo genio della pittura, che per certi versi anticipò anche il movimento espressionista nato secoli dopo. Lo stile drammatico ed espressionistico di El Greco era infatti guardato con perplessità dai suoi contemporanei, ed è stato rivalutato nel corso del XX secolo. Difficilmente inquadrabile per via del suo linguaggio personalissimo, le sue figure sinuosamente allungate e ed i colori forti di cui spesso si serviva sono frutto dell'incontro tra l'arte bizantina e la pittura occidentale.
Vasta la collezione di artisti spagnoli a partire da Velázquez, Diego Rodríguez de Silva, nato a Siviglia nel 1599 e morto a Madrid nel 1660. Adottò il cognome di sua madre, secondo l’uso frequente in Andalusia, firmando “Diego Velázquez” o “Diego de Silva Velázquez”. Ha studiato e praticato l’arte della pittura nella sua città natale fino all’età di ventiquattro anni, quando si è trasferito con la sua famiglia a Madrid ed è entrato per servire il re da allora fino alla sua morte nel 1660. Tra le opere visionabili nel sito del museo del Prado, colpiscono quelle che raffigurano i giardini di Villa Medici a Roma. Sono due capolavori in cui Velázquez ha catturato un paesaggio senza un motivo narrativo che lo giustifica. Luce e aria diventano i protagonisti di questi dipinti, catturando un momento specifico della giornata, anticipando incredibilmente ciò che Monet avrebbe fatto più di due secoli dopo con l’impressionismo.
Altro artista spagnolo è Francisco José de Goya y Lucientes, nato a Fuendetodos, piccolo villaggio dell'Aragona nei pressi di Saragozza, il 30 marzo 1746 e attivo presso la bottega del pittore José Luzán Martínez. Affascinato dalla pittura del Tiepolo, nel 1769 parte per l’Italia e, tornato a Saragozza, ottiene la commissione di alcuni affreschi per la basilica del Pilar. Grazie ai cognati, i pittori Ramón e Francisco Bayeu, nel 1774 riceve l'incarico di eseguire i cartoni per l'arazzeria reale di Santa Barbara. Nel 1780 Goya diviene membro della Reale Accademia di San Fernando. Negli anni successivi realizza una serie di dipinti a olio con giochi di bambini, e comincia a dedicarsi ai ritratti. Lavora anche per i duchi di Osuna eseguendo temi campestri e ritratti di famiglia. Dopo aver realizzato “La prateria di San Isidro”, uno dei cartoni da arazzo per la camera dei principini al Pardo, nel 1789 riceve da Carlo IV di Spagna, la nomina a Pittore di camera. Una grave malattia gli provoca la sordità cambiando la sua vita. Mentre continua a dipingere ritratti e scorci di vita popolare, nascono anche le prime scene di follia, stregonerie e supplizi. Nel 1797 inizia a lavorare ai “Capricci”, una serie di incisioni dove esprime con grande fantasia la sua ribellione contro ogni forma di oppressione e superstizione. Tra i suoi più intensi personaggi femminili spiccano al Prado “La maja vestida” (1800-1805) e “La maja desnuda”. Commissionato da Godoy, divenuto dal 1995 mecenate di Goya, la Maja desnuda è l’unico nudo femminile eseguito in un periodo in cui l’Inquisizione spagnola proibiva questo genere di dipinti, ed ha ispirato artisti e letterati. L’opera è circondata da un romantico alone di mistero, priva di motivi allegorici, ed è stata concepita quale raffigurazione di una Venere priva di pudore, in quanto la figura guarda direttamente negli occhi il fruitore, al pari della “Maja vestida”.
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L'invasione napoleonica del 1808, le feroci rappresaglie e il martirio del popolo spagnolo, lasciano un segno indelebile nella vita dell’artista che trova sfogo nelle incisioni dei “Disastri della guerra” (1810-1820) e in due celebri dipinti del 1814: “Il 2 maggio 1808” e “Il 3 maggio 1808: fucilazione alla Montagna del Principe Pìo”. Quest’opera mette tristemente in luce la drammaticità dell’esecuzione di massa, in cui i patrioti vengono fucilati senza pietà, uno dopo l’altro. Un quadro che più di mille parole racconta una pagina di storia. Negli anni successivi, caduto in disgrazia a corte, Goya si ritira nella casa di campagna, la “Quinta del Sordo”, dove ricopre le pareti con le cosiddette “Pitture nere”, immagini angoscianti e visionarie, tra cui ricordiamo “Saturno che divora i suoi figli”. Nel 1824 parte per la Francia e si stabilisce a Bordeaux: qui Francisco Goya muore il 16 aprile 1828. I suoi ultimi lavori sono “La lattaia di Bordeaux” e un ritratto del nipote Mariano. Un artista ad ampio spettro, Goya, capace di fissare nei dipinti il bello e il brutto della vita come pochi altri.
Un museo vasto, quello del Prado, impossibile da visitare completamente nell’arco della giornata. Consigliabile quindi visitarlo virtualmente, in modo da selezionare le sale con le opere predilette e andare poi direttamente davanti ad esse senza incorrere all’inconveniente di un guardiano del museo che ti redarguisce “Señorita… señorita!!” perché è arrivata l’ora di chiusura e tu sei lì, davanti ad un capolavoro cercato di sala in sala, incantata, come è successo a chi scrive.