Bassani - forme, colore, armonia

di Giorgio Barassi
Un grande architetto, Niemeyer. E la ricerca della forma che sia gradita a tutti rimane problema o irrisolto o deteriorato, a guardare le presunte invenzioni di alcuni suoi colleghi. Forma studiata, rincorsa, desiderata, che sia unica o almeno originale nella sua singolarità e che affascini, conquisti, convinca. Non intesa come semplice aspetto, ma come effettiva caratteristica, determinante nota che fa parte dell’operazione quanto il contenuto.
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Di certo Andrea Bassani, che architetto non è ma pittore si, ha cercato e studiato le forme a cui dedicarsi, applicandosi con una coerenza compositiva che affonda le sue origini nella più libera ed indipendente ricerca di un comportamento pittorico originale e riconoscibile. Una ricerca fatta di conquiste e delusioni, di disillusioni e soddisfazioni, di correttezza nell’eseguire solo e sempre quello che per lui è frutto di uno studio e non ripetizione sconsiderata. Molte delle sue opere, inquadrandole con la lente della diffusione e della popolarità, rispondono ad un formato quadrato, incluso in una teca trasparente che esalta e magnifica il gioco perfetto di equidistanze e presenza sulla superficie. Eppure Bassani ha lavorato e lavora a strutture grandi e grandissime, con forme curvilinee che sembrano succedersi in una armonia progressiva fatta di accortezza e passione, dove ogni linea perimetrale delle sue precise sagome dà il via ad un altro elemento contiguo, combaciante, rispondente e progressivo. E potrebbe esagerare, spingendosi fino alle dimensioni di un monumento, ma non lo fa. In lui, la razionalità mantiene il ruolo di forza principale. Da qui l’inserimento dei suoi apprezzati lavori in una mostra alla Ess&errE del Porto Turistico di Roma, lo scorso settembre .“Ragione e sentimento” si chiamava quella esposizione nell’ elegante spazio della galleria generosa di vedute sul mare di Roma. C’ erano opere di quattro artisti, e lui tra quelli, di diversa ispirazione, tutti felicemente ingabbiati dall’eterno dubbio : dipingo con l’anima o lascio che sia la ragione a guidare?
La risposta è la virtù di mezzo, certo, ma nel caso di Bassani ci si accorge del peso specifico e preponderante che ha la razionalità. Nulla è lasciato al caso, nel suo comporre. A disposizione ha il legno, che sagoma a suo piacimento, e la tela che vi applica sopra senza un difetto, senza una irregolarità. Dipingere con una stesura compatta, ordinata, coerente quegli spazi pieni nel vuoto è la chiusura del cerchio. Forme nate per rimanere tali ed incorruttibili, innegabilmente figlie di un ragionamento nato nella ricerca assidua.
In Bassani è vigente la regola della precisione, e con quella la sana regola del comporre, perché quelle forme sagomate ( guai a chiamarle “estroflessioni”, sarebbe un’eresia ) e il loro stare nello spazio preordinato sembrano nate per adattarsi esattamente alla superficie prefissata. Sono elementi che arricchiscono e insieme costituiscono. Sono studi che rispondono a calcoli, a intenzioni di puntualità descrittiva, pur rimanendo nel campo del dipingere, che è una sua ardente passione, coltivata con l’esigenza di un non appiattimento, con la sana pretesa di saper dire qualcosa che altri non dicono.
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Bassani ha la grazia del pittore e la lucidità del calcolatore, e semmai il suo segreto rimane quello di non far affiorare maggiormente il ragionamento rispetto alla scelta cromatica. Di certo, pensandoci, la prevalenza del calcolo, l’esattezza delle distanze tra le sagome dipinte, l’armonizzarsi delle curve con le loro controlaterali fa pensare decisamente ad una razionalità preponderante. E allora intervengono i colori, con la loro magia immortale. Decisi o stemperati lievemente, scelti con cura e senza squilli esagerati, senza un solo debordare, a farla da padroni. Colori che hanno il lindore del bianco assoluto, del blu profondo, del giallo deciso o del rosso acceso. Ma nulla di eccedente la misura, nulla di eccessivo. Una mescola equilibrata, puntuale ed efficace. Un concerto in cui le sagome, la tela ed il colore viaggiano fino al fruitore con una nitidezza inconfondibile. Perciò Bassani è riconoscibile ed apprezzato. Perché negli spazi di ogni parete ci può stare, raccontando al mondo una affascinante favola di pittura che viaggia sul binario della giustezza. D’altronde nella sua indole di lombardo silenzioso e saggio c’è il rifuggire dal chiasso. È per questo che il racconto gli riesce bene, è per questo che Bassani sa che i suoi estimatori, sempre in aumento da qualche tempo, si aspettano magari una declinazione diversa del suo proprio teorema, ma non una sola svirgolata di eccesso. Potrà pensare di cambiare forme e dedicarsi ad altri legni, ma mai di strafare. Non gli interessa, semplicemente.
Il progresso consegna materiali e conseguenti forme in abbondanza. Se ne potrebbe approfittare, penserebbe l’avventuriero. Bassani no. Legno, tela, colore. Punto. La teca trasparente fa da semplice e asettico ma elegante contenitore. Gli elementi cambiano nelle loro varianti, sono disposti in modo differente secondo quello che arriva e ciò che è possibile fare, ma i materiali non cambiano perché secondo Bassani si va per la via conosciuta e da lì alle vie che congiungono. Con calma e coerenza. Anche questa è una delle caratteristiche di Bassani. Un pittore che crea secondo logica e può farlo perché armato di una conoscenza tecnica invidiabile, senza mai dimenticare che i colori hanno il suono dei sentimenti, arrivano dritti al cuore di chi guarda ed amplificano il senso del fascino che un’ opera d’arte deve avere.
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Insomma nulla di intentato, nulla di banale o riscontrabile nel magma del “già vissuto”. Un continuo far arrampicare le sagome lignee ricoperte di tela e colorate verso orizzonti e direttrici sconosciuti e per questo affascinanti. Il tutto contenuto e pensato con l’occhio alla efficacia, alla certezza che sussista il carisma del geometrico, del lineare, del continuamente ed ininterrottamente pensato. Una architettura nella pittura. Una costruzione convincente ed attraente come quelle belle cose che solo a guardarle ti danno la soddisfazione di avere una ragione buona per riguardarle e godertele come si deve. Una convincente alternativa alla piattezza, che Bassani rifugge per indole, e a quell’ uniformarsi all’ eccesso, che per molti rimane una via d’uscita alternativa alla più seria realtà dello studio diligente.
Un grandissimo uomo libero di pensieri e di parole, Leo Longanesi, con la sua sferzante ed inimitabile penna, scrisse “Non comprate quadri moderni: fateveli in casa”. Alla levata di scudi in difesa di quel che ai suoi tempi poteva essere il “quadro moderno”, preferiamo il ragionamento. E ne consegue che quella frase, nel suo contesto e nel dopoguerra, era un chiaro riferimento all’ eccesso di modernità che, distorto, portò pian piano alle peggiori storture di principii sani e intensi come quelli che muovevano, a solo esempio, l’astrattismo o l’informale. Ma con altrettanta irriverenza, che Longanesi accetterebbe con un sorriso, perché sagacemente intelligente, si potrebbe dire “Prova tu a fare un Bassani…”, proprio per sottolineare la complessità di un lavoro che ha tutto per essere, come è, singolare e rappresentativo di una maniera di vivere la pittura.
Colore, forme, spazio. In queste tre direzioni si muove la capacità di Andrea Bassani. Essenziale nella sua creatività, inconfondibile nella sua sapienza creativa.